Il mio primo incontro con Ray risale ad una tiepida mattina di inizio primavera. Nella sua azienda mi aveva portato un servizio giornalistico che dovevo preparare per il mio giornale.
Avrei dovuto raccontare di una storia di successo: i fondatori, le origini, la crescita, le cadute, le risalite, il successo, il record dei ricavi in due anni e mezzo. E bla bla bla.
Sapevo già a cosa andavo incontro. O, per lo meno, credevo di saperlo.
Quando una ragazza gentile mi accolse all’ingresso e mi accompagnò su per le scale che portano al primo piano – «Prego, si accomodi pure, Ray sarà qui a momenti» – in verità ebbi una percezione diversa, da tutte quelle occasioni precedenti.
Seduto su una delle due poltrone della sala d’attesa di questo enorme open space, mi imbambolai a fissare la scritta, a caratteri cubitali, appesa al fondo della parete del salone.
Un fotogramma che conservo ancora oggi.
“Believe”. Credere. Scolpito tre metri per due, sul muro. Laggiù, in fondo. Visibile da ogni angolo dei trecento metri quadrati di questo enorme ufficio. Davanti c’erano ragazzi e ragazze seduti alle rispettive scrivanie, separate solo da pannelli di vetro.
Lavoravano, sorridevano, parlavano, si alzavano, camminavano, si sedevano, si confrontavano. Un “brulicare” continuo.
Credere. In cosa?
«Piacere, Ray».
Parlammo per un’ora abbondante, seduti ad uno dei tavoli della grande sala. Tanto della vita e poco del lavoro. Mi mostrò la sua “casa”. Magazzino, show room, palestra, primo e secondo piano. Mi accennò della sua azienda e dei progetti che di lì a poco sarebbero partiti. Mi mostrò una fotografia sul telefonino che lo ritraeva, ragazzo, con una scopa in mano, a pulire il cortile del primo piccolo “magazzinetto”.
E mi fece vedere i capannoni che aprì anni dopo, sotto il segno della “coroncina dorata”, nelle principali città italiane.
Già in quell’incontro ebbi la sensazione di non essere di fronte ad un imprenditore tradizionale, di quelli che rappresentano la piccola e media borghesia italiana. Dei tanti che avevo conosciuto, intervistato, raccontato negli anni.
No. C’era dell’altro. Che avrei compreso dopo, col tempo. Anche se non ci volle molto per la verità.
Ray ai miei occhi oggi non è solo un imprenditore illuminato, ma è anche un leader appassionato. Un uomo che non dà semplicemente da lavorare alle persone, ma che ama prendersi cura di loro.
Proprio questo suo occuparsi degli altri, questa sua indole a condividere i successi ottenuti con i suoi soci e collaboratori, gli ha permesso di costruire in un tempo relativamente breve una delle imprese più floride del nostro Paese.
Quello che avrebbe dovuto essere un servizio giornalistico su un’azienda come tante è così diventato un libro.
“Leader di valore”, la mia prima opera, racconta la storia di un ragazzo di vent’anni che, grazie all’esperienza acquisita nel network marketing e alla passione per la formazione nel mondo della crescita personale, ha saputo coniugare due realtà apparentemente differenti come la grande rete internazionale e la piccola bottega familiare riscrivendo le “10 Regole d’Oro” per avere successo partendo da zero.
“Believe”, credere. A cosa?
Che esiste una via maestra per tutte quelle persone disposte a mettere l’anima al servizio dei propri sogni.
– EMILIANO ROZZINO –
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